martedì 20 marzo 2012

A teatro con Carlo Goldoni

IL BUGIARDO
Questa e’ la storia di Lelio De Bisognosi, un avventuriero, figlio di mercanti, che si improvvisa poeta per conquistare le fanciulle che incontra.
Tornato a Venezia dopo anni trascorsi a Napoli, il giovane si fa passare per marchese e tra una bugia che si intreccia ad un’altra, lega e ingarbuglia sempre più la sua storia con quelle di molti altri personaggi:
- Pantalone, suo padre ed amico del Dottor Ballanzone, il severo e possessivo genitore di Rosaura e Beatrice, due ragazze in età da marito;
- Arlecchino, simpatico servo dello stesso Lelio il quale, sull’onda degli insegnamenti del padrone, cerca in tutti i modi di conquistare una Colombina più maliziosa che mai;
- Florindo ed Ottavio, due pretendenti alle grazie delle scatenate fanciulle; uno uno po’ troppo timido, l’altro un po’ troppo irruente.
Ed è così che il simpatico protagonista, mascherato da Pulcinella, cerca, con non poche emozioni e colpi di scena, di districarsi nella fitta rete delle sue assurde bugie.

Una domenica pomeriggio ben impiegata quella del 18 marzo scorso: la rappresentazione teatrale è risultata piacevole, divertente e significativa.
Meditare ogni tanto sull'utilità o meno del dire bugie in continuazione non guasta affatto. La menzogna, usata sempre e comunque come strumento per destreggiarsi nella vita quotidiana al fine di ottenere i propri insignificanti obiettivi, non può avere l'approvazione da parte di chi onestamente agisce e si impegna. Anche lo scrittore non crede che si possa 'guarire' di certi vizi e ce lo lascia intendere attraverso un velo di bonario ottimismo.  

domenica 11 marzo 2012

A teatro con Moliere

Un momento della commedia di Molière
Sabato 10 marzo 2012: serata dedicata a "Il malato immaginario", una commedia di Molière, con  Paolo Bonacelli e Patrizia Milani presso il Teatro Sociale di Brescia.
Il malato immaginario è l'ultimo grande capolavoro comico di Molière. Una farsa all'antica, colma di eccellenti spunti comici, in cui alcuni strani elementi di verosimiglianza permettono di ipotizzare una certa visione del mondo: Argante, uomo afflitto da numerose malattie, spesso immaginarie, è colui che ha perso la fiducia in sé stesso e nei propri simili, non ha più voglia di vivere in preda alle sue illusioni.
Forte è pure il tono satirico di Molière nei confronti del sapere scientifico e della cultura medica dei suoi tempi (seconda metà del XVII secolo).
La storia vive attorno a tre filoni reggenti: 1) Argante è fisicamente sano, ma è ossessionato mentalmente dalla convinzione di essere ammalato e di dover fare i conti con medici e farmacisti avidi di denaro; 2) egli deve gestire un rapporto affettivo con la giovane moglie interessata solo ad ereditare i suoi soldi; 3) il protagonista, ormai interiormente svuotato da tutte le sue illusioni, è stanco di vivere e ha perso fiducia in sé stesso e negli altri.
Due ore abbondanti di spettacolo davvero coinvolgenti. Ne esci soddisfatto sia per i sorrisi strappati da Argante, che sa abilmente alternare momenti di bambino capriccioso ad altri di vecchio egoista, sia con la consapevolezza che spesso anche noi ci lasciamo trascinare e condizionare dai nostri quotidiani "malesseri immaginari"

sabato 3 marzo 2012

Addio a Lucio Dalla

La notizia dell'improvvisa scomparsa di Lucio Dalla ha colto di sorpresa gli appassionati di musica ma anche tutti gli Italiani. A me piace ricordarlo con le sue stesse parole tratte dal libro di Patrizia Ruscio "Quella volta un angelo - Incontri che cambiano la vita".

Mi piace l’idea di pensare a me stesso come una foglia, un uomo in mezzo a tanti, identico agli altri e senza particolari privilegi.
Siamo tutti membri della grande famiglia umana, un legame che va al di là delle leggi della genetica. Un grande serbatoio di energia, perché siamo tutti collegati con altre anime dalla forza dell’amore che lui nelle sue mani forgia.
Noi siamo in lui e lui è in noi.
Siamo in una continuità di dialogo anche se non ce ne accorgiamo, presi come siamo dalla nostra quotidianità. Gli incontri, anche quelli più casuali, contengono in sé questa scintilla divina.
Persone incontrate casualmente possono aprirci delle finestre incredibili sulla vita, se solo ci fermiamo e impariamo ad ascoltare quello che hanno da dirci.
Una persona incontrata a un certo punto della vita è un segnale che la vita ti dà, qualcosa che va oltre la caducità del momento.
Questo è un aspetto spirituale molto importante e oggi si fatica a dare importanza alla spiritualità.

Un incontro fondamentale per me è stato quello con Roberto Roversi, uno dei più grandi poeti del Novecento.
Incontrarlo mi ha cambiato la vita.
Aveva una libreria frequentata dai più grandi intellettuali italiani. Io andavo lì e incontravo i grandi nomi della letteratura. Non facevo niente, semplicemente guardavo e cercavo di imitare la loro serietà e la loro scrupolosità.
Ho iniziato a collaborare con lui musicando alcuni suoi testi che poi sono diventati tre album.
È stato lui a insegnarmi l’importanza dell’equilibrio e della dignità nella vita e nel lavoro.
È grazie ai suoi insegnamenti se oggi non mi pongo mai nella condizione di scrivere qualcosa in cui non credo, perché il pubblico, inevitabilmente, se ne accorgerebbe.
La dignità in ciò che si fa è fondamentale, perché il lavoro è un modo fantastico per essere un tramite, per entrare in contatto con il proprio mondo interiore e diventare coscienza collettiva.
Lavorare è come pregare.
Attraverso il nostro lavoro realizziamo ciò che Dio ci chiede di essere.

Penso sempre che le mie intuizioni provengano da Lui e mi sento un privilegiato per il fatto che pensare frasi da mettere in musica è una cosa che mi viene naturale e semplice.
Sono gli aspetti più umani quelli di cui amo parlare nelle mie canzoni e, quindi, più legati a Dio. Le mie fonti di ispirazione sono le cose che accadono intorno a me, i rumori della vita.

La musica è una propaggine della divinità che travalica ogni limite. È l’evanescenza che diventa materia e l’artista è come uno sciamano della società, che cura i dolori quando ce n’è bisogno, che allerta quando occorre farlo, che scuote gli animi quando sente che qualcosa si sta assopendo.
Ma tengo ben presente che sono un ingranaggio e non un motore.

Amo la vita e sono convinto che alla fine di questo primo tempo ci aspetta qualcos’altro, un’esistenza più semplice, dove magari possiamo essere contemporaneamente in due posti diversi, dove il nostro spirito sarà elevato e libero dalla materialità e quindi potremo essere molto più noi stessi, spirito e anima proprio come eravamo prima di nascere.
E saremo felici.

Certo, la felicità è un valore aspirabile e raggiungibile anche in terra.
Quando penso alla felicità, mi viene in mente un aereo che passa di notte. Io lo guardo e immagino di stare lì, insieme alla gente, su quel grande giocattolo illuminato da luci artificiali. Anche un treno nella notte mi evoca la stessa sensazione.

La felicità è il pregustare qualcosa che avverrà, una cosa piccola che diventa grande, l’intravederla e non averla ancora e per questo farla diventare grande fonte di gioia nella propria immaginazione.

Da Patrizia Ruscio, Quella volta un angelo. Incontri che cambiano la vita, Paoline 2011.